Un altro errore della Bibbia CEI 2008 importante per dimostrare nuovamente come la superficialità dei neotraduttori pare non smentirsi.
Un errore da vocabolario.
E l’evidenza che la prassi non miri alla ricerca del significato vero del Testo Sacro, ma ad un semplice e forzato cambiamento. Con buona pace di chi nei secoli passati (vedi San Girolamo) si è prodigato per rendere giustizia ai Testi Originali.
Andiamo all’errore.
CEI 1974: “Avrò compassione di loro come il padre ha compassione del figlio che lo serve” (Malachia 3,17b)
Vulgata: “et parcam eis, sicut parcit vir filio suo servienti sibi” (Mal 3,17b) – (parcam significa “avere riguardo o misericordia nei confronti di qualcuno”)
Bibbia Martini: “ed io sarò benigno con essi, come un uomo è benigno verso di un figliuolo, che lo serve” (Mal 3,17b)
Bibbia Ricciotti: “e li tratterò con tutta quella indulgenza con cui un uomo tratta il figlio che lo serve” (Mal 3,17)
Nella LXX il termine è “AIRETIZEI” da “AIRETIZO” che significa “essere indulgente”.
CEI 2008: “Avrò cura di loro , come il padre ha cura del figlio che lo serve” (Mal 3,17b).
Come di consueto, le traduzioni pre-2008 rasentano più o meno lo stesso significato (compassione, benignità, indulgenza, misericordia), al contrario la CEI 2008 utilizza il termine “cura”.
Analizzando il testo ebraico, il termine in questione è “HEMELAH”, ossia “avere compassione”. Stesso termine che compare in Genesi 19,16 e Isaia 63,9.
Concordo che non ci troviamo a un caso tragico, ma tra “avere compassione” ed “avere cura” il significato cambia.
Una domanda.
Se perdiamo il legame stretto con i testi originali, un domani cosa saranno le traduzioni?
Investigatore Biblico