“Nota a margine dell’indizio n.145” di Gerardo Rapini

[Pubblico un interessante approfondimento di Gerardo che mi ha inviato la sua riflessione sull’indizio n.145. IB]

Vorrei suggerire un approfondimento relativamente all’Indizio 145 che, a mio giudizio, già così come è sviluppato da Investigatore biblico, ci aiuta a superare le ambiguità che una traduzione comporta. Il focus è, secondo me, corretto. Il termine “poveri” del testo CEI 2008, infatti, può indurre di primo acchito la nostra mente a contestualizzarlo con una condizione economica e sociale difficoltosa. Tuttavia, la pregnanza evangelica relativa alle beatitudini in Matteo 5,3-12 e il riferimento proprio alla prima di esse “Beati i poveri in spirito” amplia e specifica meglio l’orizzonte di riferimento. In questo ci è di grande aiuto la nota esplicativa e di approfondimento presente nella Bibbia di Gerusalemme che rimanda al profeta Sofonia 2,3. Dice la nota:” Il Cristo riprende la parola “povero” con la sfumatura morale già percepibile in Sofonia 2,3.” Il versetto del profeta, nella traduzione CEI 1974 dice:” Cercate il Signore voi tutti umili della terra che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l’umiltà per trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore.” La versione CEI 2008 anche qui sostituisce la parola umili con poveri, ma non umiltà con povertà (indizio interessante). La relativa nota a piè di pagina della Bibbia di Gerusalemme conferma innanzitutto l’utilizzo nel testo biblico dell’ebraico anawim che si può tradurre sia con “umili”, sia con “poveri’, distinti tuttavia dagli indigenti, in difficoltà economica, per definire i quali l’ebraico usa la parola ebionim.

Una annotazione personale e aggiuntiva. Nel corso degli studi di teologia spirituale al “Teresianum” di Roma più di un professore dava per scontato che la stessa Maria di Nazareth fosse una anawim, cioè vivesse una spiritualità biblicamente fondata e soprattutto tesa al compimento della volontà di Dio e dell’annuncio messianico. Molto probabilmente, lo era anche Giuseppe. Vivevano la loro vita proprio come “soldati” di Dio, ovvero, come dice Sofonia, pronti ad eseguire “i suoi ordini”, compiere la sua volontà. Questo leggiamo, infatti, in Matteo 1,24s: “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.” . Questo leggiamo in Luca 1,38: “Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto. E l’angelo partì da lei.”

Gerardo Rapini